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Umorismo di sostegno

PUBBLICAZIONE UMORISTICA FONDATA DALL'ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI IL 2 GIUGNO 2016

ANNO IX d.F. - IDEATO, SCRITTO, IMPAGINATO, POSTATO E LETTO DAGLI AUTORI E DA SEMPRE DEDICATO A FRANCO CANNAVÒ

Fondatore e macchinista: Paolo Marchiori.
Vicedirettori postali (addetti ai post): Stefania Marello, Christina Fasso, Italo Lovrecich, GioZ, il Pensologo Livio Cepollina.

DA CITA A MADAMA

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DA CITA A MADAMA

Il gentil sesso nella cultura antica dei faus & curteis

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Non tutti conoscono le sottili differenze tra gli appellativi con cui i piemontesi d'altri tempi si rivolgevano alle donne.

In dialetto piemontese bambina si dice cita, proprio come la scimmia di Tarzan. Significa piccola, ma le bambine di un tempo avevano davvero qualcosa della deliziosa e vivace scimmietta, nel loro agitarsi e saltare, nei loro strilli acuti, e soprattutto quando imitavano la mamma indossando di nascosto le sue scarpe con i tacchi, e con una federa in testa sognavano il giorno del matrimonio.

Superata la pubertà, la cita abbandonava definitivamente Tarzan e diventava una giudiziosa fijëtta(ragazzina) e successivamente una graziosa fija (ragazza). Diventata donna, la ragazza entrava finalmente nel mondo delle tote, cioè delle signorine. A questo appellativo si accompagnava il nome o il cognome: Tota Maria, Tota Rosa, Tota Dalmasso ecc.

A quel punto la tota aveva due possibilità: sposarsi, dando un capovolgimento, uno scossone, una rivoluzione alla sua vita di single, oppure non sposarsi e restare nubile. Non sempre questa era una scelta...

La tota maritata diventava Madamin. Madamin sta per "la mia damina", in francese Mademoiselle, in inglese Miss, in tedesco Fraulein, in arabo non saprei, appartengo alla generazione che diceva "parli arabo" quando non capiva nulla.

La Madamin era una giovane Madama, ma non era tanto l'età o il contegno o il peso corporeo a definire l'una piuttosto che l'altra. Era il fatto di convivere, una volta sposata, con la suocera. Se non proprio convivere, magari abitare vicino, nello stesso palazzo o quartiere. Nell'antico Piemonte era consuetudine che la donna sposata fosse chiamata con il cognome del marito: se, mettiamo caso, Letizia Ferrero sposava Giovanni Pautasso, di punto in bianco diventava per il mondo la signora Pautasso, anche se conservava nei documenti ufficiali il suo cognome di nascita. Tota Ferrero andava all'altare e Madamin Pautasso usciva dalla chiesa, sotto la tradizionale pioggia di riso.

Ma, attenzione, in famiglia c'era già un'altra Madamin Pautasso, ed era la mamma dello sposo, che a sua volta, tanti anni prima, aveva assunto il cognome del marito. Ebbene, per distinguere la nuora dalla suocera, evitare confusioni che avrebbero potuto esacerbare i dissidi naturali tra due galline dello stesso pollaio, la suocera veniva promossa automaticamente a Madama (Madame in francese, Mistress in inglese, in tedesco Frau e la smetto qui). In questo modo era chiaro a tutti chi comandava in casa Pautasso: Madama Pautasso. Madamin Pautasso doveva rassegnarsi ad un ruolo subalterno. Anche se, come in ogni famiglia che si rispetti, i subalterni nella vita domestica erano i mariti, cioè i veri Pautasso per diritto di nascita.

In Piemonte Madama è un termine che suscita storicamente sentimenti di nobiltà e di rispetto. A Torino si chiamano Madama un sontuoso palazzo nella centralissima piazza Castello e una antica via. E non dimentichiamo che in questa città la polizia è famigliarmente chiamata "la madama".

Lasciamo ora le madame ai loro nobili destini e torniamo alle tote. Che cosa succedeva alle donne piemontesi che non si sposavano? Restavano tote per tutta la vita? No, solo fino ad un certo punto. Quando invecchiavano diventavano, come nel resto dell'Italia, zitelle senza speranza (ammesso che sposarsi fosse una speranza), e la lingua sabauda aveva coniato per loro una definizione specifica: Tutùn, ossia grande tota, signorinona, se vogliamo.

Tutto questo per le donne, ma gli uomini? Beh, gli uomini del Piemonte non godevano di queste sottigliezze linguistiche: essi passavano da fijeul a monsù, e tali restavano, coniugati o scapoli, nobili o plebei, fino alla fine dei loro giorni.

Tutto questo oggi non ha più alcuna importanza. Dopo le invasioni barbariche dal Sud e dall'Est, a seguito dei venti femministi dal Nord e dall'Ovest, il Piemonte ha perso identità e tradizioni, e come ogni altra regione italiana si arrabatta tra orgoglio nazionale e mera lotta di sopravvivenza.

Forse un po' di nostalgia resta, del tempo in cui un uomo incontrava una vicina di casa sul pianerottolo e la salutava. Ma non con il "ciao" impersonale che si usa oggi, sottomessi alla moda imperante di dare del tu a tutti, senza conoscere nulla di nessuno, bensì con un "Cerea madamin", accompagnato magari da quel gesto cavalleresco e cortese di sollevare leggermente il cappello.

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Madama Abeffarda (DICEMBRE 2018)

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LA RISTAMPELLATA: questo articolo è stato scritto tra il 2016 e il 2018 e viene qui riproposto a grande richiesta.

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