Umorismo di sostegno
PUBBLICAZIONE UMORISTICA FONDATA DALL'ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI IL 2 GIUGNO 2016
ANNO IX d.F. - IDEATO, SCRITTO, IMPAGINATO, POSTATO E LETTO DAGLI AUTORI E DA SEMPRE DEDICATO A FRANCO CANNAVÒ
Fondatore e macchinista: Paolo Marchiori.
Vicedirettori postali (addetti ai post): Stefania Marello, Christina Fasso, Italo Lovrecich, GioZ, il Pensologo Livio Cepollina.
In questa sezione sono riportati articoli scritti tra il 2012 e il 2014, quando l'ACC collaborava allegramente con LA TAMPA
NON CORRERE... MANGIA!
PER LA SERIE: NON PERDIAMO L’ABITUDINE ALLA LETTURA - IL RACCONTO DEL MESE
Cresciuta (per la verità, non molto) sotto l’ombrello delle attenzioni e delle ansie di sua madre, Margherita non era solo una bambina di salute cagionevole, era una demo vivente dell’enciclopedia medica, a partire dalla A di Acetone, Adenoidi, Allergia, passando attraverso Bronchite, Faringite e Raffreddore, fino alla T di Tonsillite.
Più malata del solito a Natale e Pasqua, eterna assente alle cerimonie di famiglia, era invece una presenza costante nell’agenda delle visite del medico.
Sua madre viveva in perenne stato d’ansia che si ammalasse e, tra le sue innumerevoli raccomandazioni (copriti le orecchie, asciugati bene i capelli, non stare al sole, bevi piano che è fredda eccetera) due prevalevano di gran lunga su tutte.
La prima era: Non correre che sudi.
Ora, il corpo umano è fatto così: se si corre, si suda. Inevitabile. E sudare è una funzione fisiologica di tutto rispetto. I bambini poi, prima di diventare persone sedentarie e soprappeso come tutti, transitano attraverso una fase frenetica, per gli adulti incomprensibile. Non amano le passeggiate tranquille, le soste, i riposini del pomeriggio. Per loro la vita è tanto più divertente ed eccitante quanto più è veloce.
Eppure ogni volta che Margherita rientrava in casa sudata, sua madre veniva colta da crisi di panico.
Il rito di scongiuro di una temuta polmonite fulminante era sempre uguale: cambio abiti, asciugatura dei capelli, obbligo a stare ferma, seduta su una sedia a meditare sulla disobbedienza alla Regola Numero Uno. Una noia mortale per una bambina, tenendo conto del fatto che non avevano ancora la TV.
La Regola Numero Due, altrettanto chiara e ben motivata, non era un divieto, ma un obbligo: Mangia, che diventi grande.
Chi conosce Margherita potrebbe pensare che sia vero. Ma non lasciatevi ingannare dalle apparenze: Margherita è rimasta bassa, non perché mangiava poco, ma per ragioni genetiche. Se uno discende dall’albero genealogico della Banda Bassotti poco importa quanto mangerà. Al massimo, invece di essere piccolo e esile, sarà piccolo e rotondo.
Suo padre, uomo concreto e razionale, che si era fatto quattro anni di servizio mi- litare durante la guerra, offriva una versione più scientifica e ardita della raccomandazione Numero Due:
- Se mangi - tuonava con piglio da caporale - combatti le malattie.
Lei immaginava il cibo trasformarsi in sentinelle armate fino ai denti, schierate contro i microbi e i germi cattivi, che cercavano di entrare nel suo corpo.
Ciò nonostante andava a sedersi a tavola con svogliata lentezza, e non perché fosse proibito correre dalla Regola numero Uno, ma per il presentimento di ciò che l’ attendeva disobbedendo alla Numero Due. Perché il suo era un caso disperato di inappetenza grave e persistente.
Quando i commensali si auguravano buon appetito, Margherita si chiedeva tra sé di che cosa stessero parlando. Appetito? Per dirla come Don Abbondio: chi era costui?
Se davvero esistono nel sistema nervoso cellule preposte a trasmettere la sensazione di fame, le sue dovevano essere poche, inefficienti e inclini allo sciopero come quelle di Pannella. Ma i grandi digiuni politici erano ancora lontani e nessuno aveva rispetto di questa sua vocazione.
L’odore proveniente dalla cucina non le piaceva quasi mai. I sapori erano anche peggio. Ancora oggi Margherita ricorda con orrore il piatto ornato di fiorellini rosa che facevano ghirlanda ad un’orrenda cotoletta grigiastra, tagliata da sua madre a piccoli pezzi.
E ricorda perfettamente come ad ogni boccone di carne, per non sentirne il sapore putrescente, inseriva in bocca un pezzo di pane e iniziava a masticare. Chissà per quale fenomeno fisico, chimico, osmotico nella sua bocca si separava sempre il pane dalla carne, l’uno scendeva disciplinatamente nello stomaco e l’altra continuava a vagare in bocca, assumendo ben presto la consistenza del polistirolo.
Sua madre invocava i santi del paradiso per vedere almeno una volta il piatto vuoto.
Suo padre si indignava dicendo: - Avresti bisogno di un po’ di naia!
Ignara di che cosa fosse la naia, Margherita immaginava una cella spoglia, in cui le veniva portato un tozzo di pane e un bicchier d’acqua una volta al giorno. Ma che punizione era? Pane e acqua e un solo pasto al giorno: una pacchia!
A quel punto, tra le lacrime di frustrazione per sentirsi causa del malumore della famiglia, diceva con rabbia che sarebbe andata anche subito a naia, se solo avesse saputo dov’era! A suo padre scappava allora un sorriso e suo fratello subito cantilenava:
‘Tu-non-puoi-fa-re-la-naia per-ché-tu-seiu-na-femmina’.
Oh come li odiava tutti quanti in quei momenti! Avrebbe voluto essere grande solo per poter buttare il cibo nel water e per picchiare suo fratello!
Ma tutto passa nella vita e, bene o male, oggi Margherita è adulta. Non è più sana né più malata di tanti altri, forse un filo più stordita, ma per cause, diciamo, naturali.
I suoi figli corrono (e sudano) a loro piacimento, tra le proteste degli inquilini del piano di sotto e il furioso abbaiare del cane. Mangiano se hanno fame, bevono se hanno sete. Ogni tanto si ammalano e guariscono come tutti gli altri bambini.
E anche lei corre, finalmente.
Mangia sempre poco, detesta ancora la carne, ma corre sempre. Corre per raggiungere l’auto parcheggiata lontano, per non perdere l’autobus, per arrivare in tempo alla riunione dei genitori. Corre al supermercato, spingendo un enorme carrello alto pochi centimetri meno di lei, giusto da permetterle di vedere dove sta andando.
Corre persino nei lunghi corridoi dell’azienda dove lavora. Le hanno riferito che qualche collega l’ha soprannominata Forrest Gump. E che il capo si lamenta perché, al suo passare, svolazzano i fogli sulla scrivania.
Pazienza – dice Margherita - Gli regalerò qualche sasso da utilizzare come ferma- carte.
Stefania Marello (SETTEMBRE 2012)
AMRICORD: questo articolo è stato scritto tra il 2012 e il 2014, quando l'ACC (Accademia dei Cinque Cereali) collaborava allegramente con LA TAMPA
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