Umorismo di sostegno
PUBBLICAZIONE UMORISTICA FONDATA DALL'ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI IL 2 GIUGNO 2016
ANNO IX d.F. - IDEATO, SCRITTO, IMPAGINATO, POSTATO E LETTO DAGLI AUTORI E DA SEMPRE DEDICATO A FRANCO CANNAVÒ
Fondatore e macchinista: Paolo Marchiori.
Vicedirettori postali (addetti ai post): Stefania Marello, Christina Fasso, Italo Lovrecich, GioZ, il Pensologo Livio Cepollina.
COMPLIMENTI STRADALI
Da qualche anno in Giappone esiste una curiosa figura professionale: il lodatore. Lo si può incontrare in strada, ai crocicchi, davanti alle stazioni, ovunque ci sia un piccolo spazio, sufficiente ad appoggiare il suo fagotto e il contenitore per la raccolta delle offerte. Lì si ferma, si appende al collo un cartone che recita “sugoku homemasu”, ovvero “Lodo moltissimo”, e resta in attesa del primo cliente. Ciò che offre, in cambio di un obolo in denaro, è una o più frasi di lode e di approvazione.
Sovente si tratta di disoccupati, poveri, senzatetto, che ricordano un po’ San Francesco d’Assisi, che camminava stracciato e scalzo lodando Dio e tutte le sue creature. Questi lodano solo le creature che lo richiedono espressamente.
La strana iniziativa pare abbia avuto successo, e lo studio della psicologia e della sociologia nipponica ne ha rivelato i motivi.
Nonostante ci possa imbarazzare, e per quanto ci si sforzi di negare per non apparire presuntuosi, essere lodati ci commuove e ci gratifica intimamente: siamo soliti ricevere complimenti soprattutto nell’infanzia, mentre in età adulta capita di rado. Ma nella cultura orientale manca questa fase infantile delle lodi: fin da bambini, i giapponesi sono gravati dalle grandi aspettative dei genitori e degli insegnanti, sempre severi e parchi di lodi, ma prodighi di rimproveri se i piccoli non si adeguano al modello richiesto. Perciò, una volta adulti, sono ancora alla ricerca di approvazione, hanno sviluppato poca autostima, e sono perciò più sensibili a qualunque tipo di complimento e lode.
Ma come è possibile - diciamo noi che di storia giapponese conosciamo ben poco, ma in compenso abbiamo visto tanti film - e i samurai? E i piloti kamikaze della seconda guerra mondiale? Non erano determinati e sicuri di sé?
Determinati certamente, ma a morire. E con dignità, per adeguarsi al modello imposto.
Per questo la figura del lodatore seriale ha avuto così successo: i suoi complimenti commuovono, inteneriscono, e soprattutto gratificano le persone che sono state poco lodate nell’infanzia.
Inevitabile il confronto con il nostro Belpaese, dove una figura di questo genere non avrebbe lo stesso successo. Nell’educazione dei figli facciamo anche troppi “complimenti”: fin dalla culla ricevono ammirazione e lodi. Vengono sgridati raramente, anche quando lo meriterebbero. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: bimbiminkia fino all’età adulta. Inoltre, qui da noi è imprescindibile la presenza quotidiana delle nonne, e si sa che esse sono sempre pronte a elargire complimenti. Non solo non si fanno pagare, ma addirittura pagano il nipote (con mancette e cucina saporita) perché venga a pranzo e cena, a farsi nutrire e complimentare.
Una via di mezzo tra il rigore giapponese e l’indulgenza italiana sarebbe auspicabile.
Tuttavia, se qualche disoccupato nostrano avesse la fantasia e il senso dell’impresa tipicamente italici, e volesse cimentarsi in questa nuova attività, dovrebbe seguire alcuni avvertimenti.
Per esempio, da noi potrebbe essere rischioso fare un complimento in strada alle donne: invece di un obolo potreste ricevere un ceffone, o addirittura una denuncia.
Ma anche se fossero le donne stesse a richiedere il complimento conviene farsi firmare un apposito modulo, nel quale dichiarano di essere “consenzienti”. A firma ottenuta, si deve ricordare che i complimenti più graditi alle donne sono questi:
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- Come sei dimagrita dall’ultima volta (non importa se l’ultima volta era ieri).
- Dimostri vent’anni di meno (generico, ma più sicuro che cercare di indovinare l’età e poi togliere una decina d’anni: potreste sbagliare clamorosamente e offenderle irrimediabilmente).
- Nel caso abbia figli al seguito, lodare i bambini per la loro bellezza ed educazione, sempre, anche se il più piccolo ha sputato nel contenitore delle offerte, e la grande ti ha tirato un calcio nello stinco.
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Con gli uomini è tutto più semplice: il maschio italiano, di qualsiasi età e ceto sociale, non solo gradisce i complimenti spudoratamente falsi, ma ci crede, e non ha mai dubbi sull’averli meritati. Gradisce anche le lodi che non si riferiscono a lui direttamente, ma alle sue scelte, specialmente in materia di automobili, opinioni sportive, e donne che lo accompagnano.
Gli uomini non sono meno vanitosi delle signore, e non disdegnano i complimenti sull’aspetto fisico. Attenzione però a non farsi prendere la mano: per esempio, mai lodare la folta chioma di un uomo con il cappello, perché potrebbe essere calvo, come l’ispettore Rock della vecchia pubblicità della brillantina.
Insomma, con il tempo e l’esperienza potreste intuire immediatamente il punto debole di chi cerca approvazione, e renderlo punto di forza con una lode ben assestata.
È un po’ come improvvisarsi psicoterapeuta di strada, dove a sua volta chiunque può improvvisarsi paziente, con minima spesa.
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Stefania Marello
Lodatore giapponese
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Lodatore italiano
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Soluzione americana: lodarsi da sé
TRADUCE L’ODISSEA DAL GRECO ANTICO IN UN’ORA
Siccome non conosce il greco antico,
diventa la storia di due bagnini di Creta che noleggiano pedalò.
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Quando ignoranza e incompetenza si fondono insieme, si possono ottenere risultati sbalorditivi.
Del resto le più grandi scoperte sono avvenute quasi casualmente. Certo, dopo anni di studi, ma spesso in maniera del tutto fortuita, se non addirittura per errore.
Secondo gli esperti la traduzione del famoso poema epico di Omero ad opera di Tony Luganega, noto personal trainer vicentino, risulterebbe addirittura migliore dell’originale.
Addirittura potrebbe essere adottato come libro di testo nei licei italiani, con iliadici e idilliaci introiti sulle vendite per il sagace traduttore veneto.
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Freddy Marchiori – ACC (APRILE 2017)
LA RISTAMPELLATA: questo articolo è stato scritto tra il 2016 e il 2018 e viene qui riproposto a grande richiesta.
LA MOSCA COCCHIERA IN PILLOLE
IN PILLOLE
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Se riesci a stare in equilibrio su una gamba, non sei ancora vecchio. Uno studio condotto dalla Mayo Clinic, pubblicato sulla rivista Plos One, sostiene che un buon equilibrio, la forza muscolare, e un’andatura efficiente contribuiscono al benessere e all’indipendenza e delle persone quando invecchiano. Il modo in cui questi fattori cambiano, e a quale velocità, aiuta i medici a sviluppare programmi per garantire un invecchiamento sano. Le persone possono allenare il loro equilibrio, e lavorare per mantenerlo nel tempo. Nei test di equilibrio, i partecipanti stavano su pedane di forza, in varie situazioni: su entrambi i piedi con gli occhi aperti o chiusi, con occhi aperti sulla gamba non dominante e su quella dominante. Kenton Kaufman, autore senior dello studio, direttore del Motion Analysis Laboratory presso la Mayo Clinic: “L’equilibrio è una misura importante perché, oltre alla forza muscolare, richiede input dalla vista, dal sistema vestibolare, e dai sistemi somato-sensoriali. Se hai scarso equilibrio, sei a rischio di cadere, indipendentemente dal fatto che ti muova o no. Le cadute sono un grave rischio per la salute con gravi conseguenze”. Dai test è emerso che la presa e la forza del ginocchio mostrano cali significativi entro un decennio, ma non tanto quanto l’equilibrio. La forza della presa è diminuita a un ritmo più rapido rispetto alla forza del ginocchio, rendendola migliore nel predire l’invecchiamento rispetto ad altre misure di forza. Non si sono verificati cali legati all’età nei test di forza specifici per sesso. Secondo Kaufman, si possono adottare misure per allenare l’equilibrio: stando in piedi su una gamba, ci si può allenare a coordinare le risposte muscolari e vestibolari, per mantenere un equilibrio corretto. Se si riesce a stare in piedi su una gamba per 30 secondi, vai bene. Se non lo usi, lo perdi; se lo usi lo mantieni. Facile. Non richiede attrezzature, puoi farlo ogni giorno. Il Professore Chiarissimo Sun Nen Bun, Dipartimento Torrazzese dell’Università di Pensologia di Torino: “Poi c’è il bastone come terza gamba, poi il deambulatore”.
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L’amore più forte si prova per i figli. Poi partner, amici, sconosciuti, animali da compagnia, e la natura. Il filosofo finlandese Pärttyli Rinne, misurando l’intensità con cui i neuroni scintillano, individua le prove scientifiche dell’amore, ma capisce anche per chi o cosa brilla. È stato decisivo l’incontro coi neurologi dell’Università finlandese di Aalto. Il matrimonio fra filosofia e scienza si è consumato. Ha assunto 55 volontari innamorati. Il sentimento è stato suddiviso in sei sfumature. Un attore ha letto descrizioni o poesie, relative a ciascun tipo di amore, ai volontari sdraiati. Nella risonanza magnetica era chiesto di concentrare la loro mente sul sentimento. L’immagine del cervello in vibrazione è stata colta dagli strumenti della scienza. I risultati sono stati pubblicati su Cerebral Cortex, rivista di neuroscienze edita dalla Oxford University Press. L’amore più luminoso si prova per i figli. La passione per il partner segue a un’incollatura. Una luce via via più fioca si è accesa pensando ad amici, sconosciuti, animali da compagnia, infine alla natura. Per fortuna non hanno frugato tra i neuroni alla ricerca dei dettagli sull’intensità delle relazioni fra partner. Il Professore Chiarissimo Sun Nen Bun, Dipartimento Torrazzese dell’Università di Pensologia di Torino: “In Finlandia non ci sono fanatici di calciatori di palloni?”.
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Un farmaco combatte la caduta dei capelli? La startup svizzera Topadur Pharma ha creato TOP-M119, col principio attivo di una molecola nata dalla combinazione di Sildanefil (Viagra) e nitroglicerina. L’idea è venuta a Reto Naef, ex-manager di Novartis, e Daniel Vasella, ex-CEO del gruppo. La soluzione sarebbe irrorare con più sangue il cuoio capelluto, risolvendo la causa principale della perdita di capelli. Un fondo di investimento cinese ha messo capitali di sostegno in Topadur Pharma. Il Professore Chiarissimo Sun Nen Bun, Dipartimento Torrazzese dell’Università di Pensologia di Torino: “La sperimentazione sull’uomo ci permetterà di capire se i capelli possano ricrescere. Anche se, forse, è più probabile che esplodano i pirilli”.
DOPO I VOUCHER ARRIVANO I BAUCHER
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CASSAZIONE: CHI DA’ DA MANGIARE A CANI RANDAGI NE DIVENTA RESPONSABILE CIVILMENTE E PENALMENTE
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Non si è ancora spenta l’eco dell’abolizione dei tanto discussi voucher che il governo potrebbe ideare una nuova forma di pagamento, questa volta verso il migliore amico dell’uomo.
L’introduzione di questa nuova formula si rende necessaria dopo una sentenza della Corte di Cassazione, la quale ha stabilito che chiunque offra cibo ai cani randagi, ne diventa responsabile.
Sembra che l’unico modo per evitare spiacevoli conseguenze giudiziarie agli amanti degli animali sia quello di diventare il loro datore di lavoro.
A questo scopo potrebbero essere introdotti i BAUCHER.
Il funzionamento è semplice: il cane fa un’ora di guardia alla casa, gioca con i bambini, offre un servizio di pet therapy agli anziani, accompagna un parente ipovedente al supermercato, insomma, esegue una prestazione di qualunque natura e in cambio riceve un buono, valido per una porzione di crocchette o di bocconcini.
L’animale può così utilizzare il baucher per avere cibo, senza vincoli di sorta col proprio benefattore.
Il passo dal lavorare da precari al lavorare da cani è breve, come vogliono le norme in tema di lavoro canino, promulgate dal recente Jobs Arf.
A dirla tutta, neppure ai cani randagi piace l’idea di essere trattati come un oggetto di proprietà, da uno sconosciuto che ha allungato loro solo un pezzo di pane.
Si spera che la sentenza della Corte di Cassazione sopra citata non venga applicata anche agli umani, altrimenti si potrebbe finire in prigione per reati commessi da altri, solo per aver dato loro un bicchiere d’acqua.
La sperimentazione sugli animali (rassicuriamo gli antivivisezionisti che si tratta di una pratica non dolorosa), secondo alcune indiscrezioni, partirà a breve.
Se dovesse funzionare, si potrebbe applicare la stessa filosofia ai truffatori che suonano alla porta; infatti secondo le vigenti leggi, offrendo loro cibo o bevande, si rischierebbe di venire incriminati per complicità in autotruffa aggravata. Con il sistema dei rubaucher sarebbe invece chiaro chi è il criminale e chi è la vittima del raggiro.
Invece nessun problema per mendicanti e senzatetto che, nonostante le apparenze spesso burbere e dismesse, sono persone miti e oneste.
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Paul Rice – ACC (APRILE 2017)
Si ringrazia La Stampa per l’articolo fornito a sua insaputa
FARE SAN MARTINO NON È PIÙ DI MODA.
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FARE SAN MARTINO NON È PIÙ DI MODA.
OGGI FACCIAMO SAN SILVESTRO.
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Un trasloco è sempre un evento faticoso e stressante, e tutti vorremmo evitarlo. Evitare l'impacchettamento selvaggio delle suppellettili, le muraglie di scatoloni che rendono difficile l'accesso al bagno, le ditte traslochi che traslocano metà dello stipendio dal tuo conto al loro, e infine i nerboruti addetti, di nazionalità imprecisata, che sorridono e annuiscono alle tue raccomandazioni, ma subito dopo lanciano sul camion le scatole contenenti i bicchieri di cristallo. Ma talvolta tutto questo è necessario, e allora si deve almeno scegliere il momento migliore.
"Fare San Martino" era espressione comune nei territori agricoli della Pianura Padana, per dire che si lasciavano le terre e la casa e ci si trasferiva altrove. L'usanza di cambiare casa proprio l'undici novembre, giorno che sul calendario è dedicato a san Martino, era legata all'agricoltura, che in quel periodo dell'anno esauriva il suo ciclo. Nelle antiche società rurali, infatti, non avrebbe avuto senso andarsene prima di aver effettuato i raccolti, lasciando il grano o il granturco o il riso nei campi, a disposizione dei nuovi venuti. Era meglio traslocare a novembre, prima delle nuove semine. Lo stress non doveva essere inferiore al nostro, se immaginiamo la fatica di caricare i mobili e gli attrezzi sul carro, legare gli animali, acchiappare i bambini riottosi (e mica ne avevano solo uno o due...), sopportare i malumori dei vecchi più brontoloni del solito, tra l'abbaiare incessante dei cani e la nebbia fredda e umida che si infilava fin sotto il mantello (alla faccia dell'estate di San Martino).
In tempi più recenti, con l'industrializzazione e la società dei consumi, il periodo migliore per traslocare era diventato il mese di agosto: si traslocava sfruttando le ferie, e favorendo i figli che non dovevano così cambiare scuola ad anno scolastico in corso. Che poi, ai figli, la scuola non interessava un granché, purché non si andasse troppo lontano dagli amici di merende o dalla squinzia di cui erano innamorati.
L'epoca industriale ha lasciato spazio all'era burocratica, dove tutto si chiude a fine anno: l'Irpef, la contabilità delle imprese e ogni altro adempimento fiscale, comprese le varie tasse comunali sulla casa, la raccolta rifiuti e il canone RAI, che viene incluso nella bolletta dell'energia elettrica, anche nel caso in cui la TV si guardi utilizzando un generatore di corrente elettrica. Perciò diventa più pratico cambiare casa a fine anno. E il santo dei traslochi diventa San Silvestro.
Qualche nostalgico obietterà che San Silvestro, che fu un austero papa ai tempi dell'imperatore Costantino, è meno popolare di San Martino. Conosciamo San Martino sin dalle elementari come elargitore di mantelli ai mendicanti e fondatore di un convento dove faceva il frate campanaro (fra Martino campanaro dormi-tu dormi-tu...).
Va detto però che San Silvestro ha dato il nome ad un famoso personaggio dei cartoni animati, ostinato quanto sfigato cacciatore di uccellini in gabbia, e che non è un frate "dormi-tu dormi-tu", ma è il santo delle veglie e del casino protratto fino all'alba. Perciò nessuno avrà obiezioni a dire "Faccio San Silvestro" per dire che trasloca e che, in vece del cenone di Capodanno, apre gli scatoloni e fa l'inventario dei bicchieri rotti, dei calzini spaiati e dei flaconi di shampoo che si sono aperti tra gli asciugamani...
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D.ssa Stephanié Hop-là imbeccated by Paul Rice - ACC
Con questi mezzi il "San Silvestro" costa più in benzina che in tasse di fine anno
ALPINISTA COMPIE UN’IMPRESA E VIENE SANZIONATO DAL FISCO
Un alpinista vicentino, residente nel piccolo comune di Fandonia Valdastico, è riuscito a scalare per la prima volta la cima di Guardanalto Vicentino.
Si tratta di un vero e proprio evento, non tanto per la difficoltà del percorso, quanto perché nessun arrampicatore ci aveva mai pensato prima.
La mancanza di rifiuti sulla vetta certifica senza ombra di dubbio che nessun essere umano aveva raggiunto la cima più alta del complesso montuoso.
Il Sindaco di Fandonia ha consegnato all’alpinista, di cui non sono state rese note le generalità ma chiameremo con nome di fantasia Rinaldo, il moschettone d’oro, riconoscimento conferito a chi si è particolarmente contraddistinto per le proprie capacità da rocciatore. L’assessore alle scalate alpine e bancarie ha definito la sua spedizione in solitaria, una vera e propria impresa.
Immediatamente sono intervenuti gli ispettori della locale Agenzia delle Entrate per i rilievi del caso e gli hanno elevato contravvenzioni per realizzazione impresa abusiva.
In particolare gli contestano l’omissione di:
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apertura partita IVA;
iscrizione al Registro delle Imprese;
comunicazione atti alla Camera di Commercio;
invio della dichiarazione di Inizio Attività al comune.
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In pratica al povero Rinaldo non resterà che pagare una sanzione complessiva di circa dodicimila euro, compiendo così un’altra storica impresa: essere il primo multato senza aver aperto un’azienda.
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Paul Rice – ACC
SCEMO CHI LEGGE?
Le scritte sui muri sono un elemento ineluttabile nelle nostre città, ma la fantasia dei graffitari si è perfezionata nel tempo. Oggi, invece di asserzioni concise come “Dio ti vede” o “Ti amo Marisa”, si possono leggere considerazioni più articolate e profonde, veri aforismi itineranti, o “street thougt”, come li chiamerebbe qualche anglofilo.
Questa evoluzione è stata favorita dalle bombolette spray, più economiche e soprattutto più pratiche di altri sistemi di pittura.
Si sono evolute persino le oscenità onnipresenti sulle pareti dei bagni pubblici: oltre alle intramontabili “Viva la figa”, “Mona Mour” e “Mela dai” (con tanto di disegnino, ma non della mela), ci si imbatte in messaggi più articolati, del tipo “Tuo marito ti trascura a letto? Chiamami”, seguito dal numero telefonico. Talvolta l’oscenità sta soprattutto nel fatto che l’autore ha scritto all’etto anziché a letto.
Una scritta ormai desueta è “Scemo chi legge”, molto in voga in passato, ma che oggi ci sembra infantile e un po’ idiota. In realtà è dotata di una sua logica spiazzante che strappa comunque un sorriso, come certi scherzi telefonici d’altri tempi: “Scusi signora, c’è l’acqua a casa sua?” e alla risposta affermativa si replicava “Allora vada a farsi il bidé”.
Ma la parola scemo, mi sono chiesta, da dove ha origine? Da scemare, verbo che deriva – chi l’avrebbe mai detto - dal latino, e significa dimezzare, e per estensione diminuire.
La luce scema durante il crepuscolo, il brontolio del tuono scema alla fine del temporale, e una persona scema non è “intera”, ha intelligenza e giudizio ridotti.
Insomma, si tratta di un verbo interessante, che si presta a simpatiche elaborazioni. Per esempio, se vuoi prenderti gioco dell’amico saputello, che sfoggia la sua conoscenza dei verbi e corregge tutti ad ogni congiuntivo, potresti chiedergli di coniugare il presente indicativo di scemare. Se la tua piccola vendetta funziona lui dirà con convinzione “io scemo”, tra le risatine dei presenti.
Alla luce del significato di scemare, la locuzione affermativa “Scemo chi legge” ha bisogno di essere aggiornata: in questo tempo digitale in cui si legge sempre meno, avendo sostituito libri e giornali con tablet, portatili e smartphone, bisognerebbe scrivere “Scemo chi NON legge”, per avvisare che stiamo correndo il rischio di… scemare. Se si legge poco, o nulla, scema il nostro linguaggio, il nostro senso critico, la nostra fantasia. Scemano le capacità di immaginare, di sognare, di sviluppare l’empatia e di comunicare emotivamente.
Al vederci con la testa china sullo smartphone, sembriamo impegnati costantemente nella lettura e nella scrittura, ma è un’illusione: siamo solo ipnotizzati, imprigionati in una realtà virtuale che ci domina, e che condiziona ogni nostra scelta.
Tuttavia, il numero dei lettori scema costantemente, e probabilmente tende a zero.
I pochi superstiti, considerati i dinosauri del Periodo Cartaceo, sono destinati all’estinzione. Perciò si dovrebbe scrivere “SCEMO CHI NON LEGGE” a caratteri cubitali, sui muri delle scuole, delle biblioteche, e in ogni luogo pubblico.
Per quanto sia inevitabile utilizzare i dispositivi che la tecnologia ci ha messo a disposizione, bisogna saper smettere ogni tanto, per non diventare dipendenti. Almeno una volta al giorno mettiamo via l’ordigno ipnotico, e leggiamo un libro: non si scarica la batteria, non c’è il disturbo ossessivo della pubblicità, c’è sempre campo, non c’è bisogno del credito, e se lo si smarrisce non è un gran danno.
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Stefania Marello – ACC
Giovane graffitaro che vuole esprimere l’amore della sua vita
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Ma abbiamo frequentato scuole diverse…
DAI TRIBUNI ROMANI AI TRIBUTI NATO - Breve trattazione storico politica a cura dell'ACC
Tanti secoli fa, nell'Antica Roma, c'erano i tribuni. I tribuni erano funzionari pubblici, così chiamati perché, agli albori della fondazione di Roma, la popolazione era suddivisa in tribù.
I tribuni, grazie alla loro carica, quando andavano allo stadio a vedere i giochi avevano i posti riservati in tribuna, mentre il popolo doveva assistere dagli spalti situati alle estremità dell'anfiteatro: scomodi, con pessima visibilità, ed esposti alle intemperie.
Un giorno il popolo si ribellò e invase il campo dei giochi. Il fine era ottenere posti migliori, ma non solo: i plebei volevano i loro rappresentanti al governo, che sostenessero questo ed altri diritti.Per evitare ulteriori disordini, la richiesta fu accolta e furono istituiti i tribuni della plebe.
In seguito, quando Roma si trasformò da Repubblica a Impero, le rivolte della plebe divennero più frequenti e sempre più fastidiose per le classi ricche e nobili, che mal sopportavano l'idea che la gente comune (servitori, contadini, straccioni) disturbasse le loro attività, tra le quali la principale era arricchirsi in santa pace sfruttando il lavoro altrui.
Un giorno salì al potere Donaldus Gaius Trumphus I, detto anche Magnum XLIV (44 n.d.r).
Egli era figlio di un muratore e forse per questo aveva, fin da ragazzo, una grande passione per i muri ben costruiti. Uomo di grande tempra, bello e invincibile come un dio, Gaius Trumphus, pur di evitare noie e trattative, era deciso a sterminare la plebe in tutto l'Impero.
Perciò ordinò ai pretoriani della CIA(*) di imprigionare e giustiziare i tribuni della plebe.
Al loro posto istituì i Tributi della Nato.
(Continua. A meno che, nel frattempo, ...BUUUMMM!)
(*)La CIA era la milizia personale dell'imperatore. L'acronimo stava per Centuria Ignobilis et Abominevolis.
Stephanie Hop-là - ACC
Tribuni della Plebe
Tributi della Nato
SESTERZI
SEVAIDRITTO
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