La tabaccheria è una rivendita in cui entro raramente: non fumo, non gioco, non uso schede telefoniche, ho il fornello con accensione piezoelettrica perciò non mi servono i fiammiferi, non scrivo più bigliettini d'auguri, e per comunicazioni uso la posta elettronica. Che ci andrei a fare?

Stamane però ne avevo bisogno: mi serviva un francobollo per affrancare una missiva cartacea. Eh sì, ci sono ancora, seppure rare, situazioni in cui occorre inviare documenti cartacei, con firma autografa, utilizzando la posta.

Ho camminato per oltre un chilometro nel mio quartiere, incontrando due tabaccai chiusi per ferie, e due aperti, ma sprovvisti di francobolli.

Entro nel terzo, e mi sembra di trovarmi in certi sogni strani e inquietanti: un locale ampio e semivuoto, con un espositore di cartoline in un angolo a sinistra. Davanti, una coppia di anziani che discute su una scheda Gratta e Vinci.

A destra una specie di monolite che pare una fortezza inespugnabile. Un bancone di legno alto come me, seminascosto da un vetro presumibilmente anti proiettile. Mi sollevo in punta di piedi, ma non riesco a vedere se dietro c'è un essere umano con funzioni di venditore. Attendo. Entra la tizia del bar che deve lasciare un vassoio con i cappuccini. Chiede a me se c'è qualcuno. Non ne ho idea, rispondo. Allora chiama ad alta voce: signora, signora! Da una porticina laterale, seminascosta dal monolite, esce invece un signore, che si arrampica nel bunker e compare lassù, in alto, dietro una delle casse. La tizia del bar gli passa il vassoio e se ne va. Io timidamente chiedo un francobollo, temendo che mi possa mandar via come fossi una mendicante, o come Gesù che scaccia i mercanti dal Tempio.

Invece no, ha i francobolli. Allungandomi al massimo riesco ad inserire i soldi nella fessura del vetro che protegge la cassa, e a prendere il francobollo. Esco.

Fuori mi sembra di ritornare alla vita reale, dove le persone sono di altezza normale, e sono esposte e vulnerabili senza preoccuparsene troppo.

Non posso fare a meno di ricordare la tabaccheria della mia infanzia, che vendeva le sigarette, il sale, i francobolli, la liquirizia e le caramelle. A inizio anno scolastico aveva anche i quaderni e i pennini, e chi non sapeva ancora fare i calcoli poteva chiedere venti lire di Golia. Lui, il tabaccaio, era un amico.

Mi sento così vecchia che mi viene anche un po' da piangere.

Nonna Abeffarda

Tabaccheria d'altri tempi

Tabaccheria di oggi