Umorismo di sostegno
PUBBLICAZIONE UMORISTICA FONDATA DALL'ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI IL 2 GIUGNO 2016
ANNO IX d.F. - IDEATO, SCRITTO, IMPAGINATO, POSTATO E LETTO DAGLI AUTORI E DA SEMPRE DEDICATO A FRANCO CANNAVÒ
Fondatore e macchinista: Paolo Marchiori.
Vicedirettori postali (addetti ai post): Stefania Marello, Christina Fasso, Italo Lovrecich, GioZ, il Pensologo Livio Cepollina.
In questa sezione sono riportati articoli scritti tra il 2012 e il 2014, quando l'ACC collaborava allegramente con LA TAMPA
LA MORALE DEL MURALE (E IL MORALE DEI CITTADINI)
Dalla piazza del ridente Comune di Torraccia Pedemontana si può da poco ammirare un dipinto murale, di evidente richiamo all’arte post-avanguardista, del quale vi offriamo un’immagine work in progress
(in fase di realizzazione, n.d.r.).
LA TAMPA, sollecitata da questa notizia di notevole richiamo, ha immediatamente lanciato un’inchiesta. La maggior parte della popolazione si è espressa con grande entusiasmo, ma non è mancata una decisa minoranza che ha manifestato una forte perplessità, per non dire scetticismo.
Un volantinaggio notturno delle “Brigate cancellanti”, contrarie all’opera, ha reso necessaria la costituzione di un “Comitato spontaneo di sorveglianza”: volontari che tutte le notti pattugliano il circondario e piantonano l’opera, confortati da caldarroste e barbera. A causa della riservatezza degli abitanti, ben nota in tutto il Piemonte, non è stato possibile riportare interviste né effettuare riprese televisive. Tuttavia, su un punto il giudizio è stato unanime: il committente ha fatto una scelta oculata. La precedente opera pittorica fu realizzata da professionisti costosi, a un prezzo che avrebbe fatto indignare Michelangelo alle prese con la Cappella Sistina; ma stavolta ci si è affidati a fanciulli volenterosi, e la comunità ha pagato solo le spese vive.
Questo ha permesso di non ritoccare ulteriormente verso l’alto l’aliquota IMU, che vanta lo stesso coefficiente di Las Vegas.
Purtroppo, un’ombra cala minacciosa sull’opera, e sul morale dei cittadini orgogliosi di poterla ammirare tutti i giorni. Non si sa come ne sia venuto a conoscenza, e non si sa a quale titolo, ma l’Emiro Tardoc el-Fulandra bin Falabrak se ne vuole impossessare. Un suo portavoce spiega che intende farlo asportare, per poi farlo ricollocare nel suo lussuoso palazzo in Emiria. Un infiltrato nell’entourage spiega i dettagli dell’operazione. Sapete che un Emiro suo collega intende costruirsi una moschea in Sicilia, e si vocifera che in cambio intenda realizzare a spese sue il ponte sullo stretto di Messina? L’Emiro Taroc promette, in cambio della preziosa opera d’arte, di dotare di asfalto e marciapiedi, illuminazione, fognature e scarichi pluviali il Protettorato Statunitense di Torraccia Pedemontana, (opere che, malgrado le promesse dell’amministrazione degli anni ’80, non si sono potute finora realizzare).
La maggioranza della popolazione favorevole al murale è costernata e indignata: “Con i loro petrodollari vogliono espropriarci della nostra cultura!”.
Il Governatore della Regione è stato coinvolto nella questione, e un accorato appello è stato inoltrato al Capo dello Stato.
Pareva che le speranze restassero frustrate, e i cittadini disillusi, ma ecco il colpo di scena: il Capoprogetto Sovrintendente ai Beni Culturali dell’Emiria ha effettuato un sopralluogo per pianificare l’operazione, ma si è imbattuto in un inaspettato capolavoro, un masso erratico dell’era glaciale proiettato a Torraccia Pedemontana dal trapassato remoto (foto).
Il capoprogetto ha inviato la documentazione fotografica all’Emiro, e questi se ne è immediatamente innamorato, al punto di rivolgere su di esso le proprie capricciose attenzioni, dimenticando velocemente il dipinto.
MORALE: il MURALE è salvo, e il MORALE anche.
Carlo Chievolti (OTTOBRE 2012)
AMRICORD: questo articolo è stato scritto tra il 2012 e il 2014, quando l'ACC (Accademia dei Cinque Cereali) collaborava allegramente con LA TAMPA
MERCATI NERVOSI
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Gentilissima Accademia,
mi chiamo Kandìs Achila e sono egiziano. Sono in Italia da tre anni e abito vicino a Porta Palazzo, un bel quartiere della vostra città, nel quale mi sento come a casa mia.
Per imparare meglio vostra lingua leggo sempre giornali italiani. Uno mi piace tanto, perché parla di sole, un sole come neanche al mio paese c’è: il Sole 24 ore.
Su questo giornale leggo tante cose che capisco, ma anche tante che non ci capisco un’acca (si dice così?) ma certo dipende dal fatto che non sono italiano. Quello che volevo chiedere è: perché su questo giornale scrivono sempre che i mercati sono nervosi? Grazie tantissimo per la vostra risposta.
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RISPOSTA:
Caro Kandìs,
essendo egiziano è normale che lei non capisca gli articoli de Il Sole 24ore. Ma le dirò di più: succede anche a molti italiani.
Da un recente studio della nostra Accademia sui contenuti dei vari quotidiani, Il Sole 24ore è risultato, a dispetto del nome, piuttosto oscuro: una parola su tre non è italiana e delle due parole rimanenti, una è una sigla (Ftse, Mib, Rbc, NASDAQ eccetera) e l’altra una congiunzione o un articolo.
Ma veniamo alla sua domanda.
I mercati, per loro natura, sono luoghi soggetti a movimento continuo: non c’è nulla che stia fermo, ci sono resse e aperture improvvise, confusione, voci, allarmi, grida.
Poiché lei abita vicino a Porta Palazzo, la invito a recarsi una mattina al Mercato del Pesce.
Noterà subito un grande nervosismo: intanto c’è una puzza tremenda e questo non favorisce la calma e l’autocontrollo.
I pesci sembrano tutti uguali ed è estremamente difficile capire a prima vista quali sono freschi e quali sono stati sottoposti a mummificazione (processo che lei, come egiziano, conoscerà molto bene) e conservati poi nel freezer per sei mesi.
La gente si affolla intorno ai banchi, spintonata da chi sta dietro e spintonando a sua volta senza pietà chi sta davanti, per arrivare per primi a tossire direttamente sulle cassette di alici freschissime, che non fanno una piega perché protette dai migliori antibiotici a largo spettro.
Ma sono proprio i clienti più impazienti, se lei ci fa caso, che fanno perdere tempo quando è il loro turno: non sanno mai che pesci pigliare.
Discutono sulla freschezza dell’aringa e sul prezzo del pesce spada, sulle quotazioni dei calamaretti e sul valore di omega3 nelle sardine. Se acquistano le cozze, pretendono di averle già lavate, magari anche cotte, aperte e con la spruzzata di limone.
Così il nervosismo cresce: volano parole grosse, si innervosisce anche la pescivendola, che litiga con il marito, che inciampa nella vasca dei polpi vivi, che subiscono danni irreversibili, costringendo il venditore a praticare l’eutanasia e abbassare il prezzo, altrimenti nessuno li compra.
Più o meno le stesse cose succedono nel cosiddetto Mercato Azionario, dove, in vece dei pesci, si vendono azioni.
Le azioni, come lei sa, possono essere buone o cattive, ma non sempre si distinguono a prima vista le une dalle altre.
Le azioni si vendono in pacchetti esattamente come i pesci e anch’esse finiscono in borsa (Borsa Valori). Stessa ansia, stessa fretta di comprare e vendere, prima che il prezzo cambi.
Alcune azioni puzzano e appaiono gonfiate, come pesci andati a male. Altre ci fanno l’occhio di triglia dai Listini, tanto che paiono gridare: “Comprami, comprami!”.
Si investe brutalmente, si insulta a suon di titoli, gli investitori protestano, scalpitano, ma poi non sanno che pesci – pardon – che azioni pigliare.
E hanno ragione: basta un colpo di tosse di Monti, una alzata di sopracciglio della Merkel, una scorreggia di Obama (ci scusiamo per il paragone, ma pare, da fonti autorevoli, che le faccia anche lui) a stravolgere la situazione.
Ora, caro Kandìs, avrà sicuramente capito da cosa deriva l’espressione “Mercati Nervosi”.
Sperando di aver risposto esaurientemente alla sua domanda, la saluto con i migliori auguri per le sue prossime fritture letture.
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Dott.ssa Stephanie Hop-là
ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI
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AMRICORD: questo articolo è stato scritto tra il 2012 e il 2014, quando l'ACC (Accademia dei Cinque Cereali) collaborava allegramente con LA TAMPA
TEMPI DIFFICILI: LE BANCHE SVIZZERE PORTANO I CAPITALI OCCULTI A PANAMA, PER PROTEGGERLI
DA UNA PILLOLA DEL PROF. ITALO MIGLIO ELABORATA DA FRANK OATS
Si sta verificando ciò che gli economisti e i ministri del Tesoro di ogni Paese occidentale temono maggiormente: la fuga di capitali.
Non la tipica e consueta fuga di capitali verso banche estere, i classici soldi in Svizzera che fanno avanti e indietro a seconda delle esigenze in patria bensì, una fuga di massa di soldi dalle banche, soprattutto quelle dei Paesi in crisi economica.
Grecia, Spagna, Italia, Portogallo, Irlanda e presto anche altre nazioni, vedono i fondi depositati presso le banche locali, diminuire in maniera esponenziale.
Dal piccolo correntista al grande risparmiatore, tutti a prelevare i contanti per portarli in luoghi sicuri. Per alcuni, questi luoghi sicuri sono il materasso di casa, per altri le cassette di sicurezza pressoché inviolabili, ma per cifre ingenti è sicuramente meglio una sicura banca svizzera o un istituto bancario lussemburghese... questo era valido fino a ieri.
La notizia che alcune delle maggiori banche svizzere stiano trasferendo i denari verso Panama sta allarmando il mondo dei finanzieri, dei ricconi, dei politici di un certo rango. Pare che lo staterello centramericano stia diventando un piccolo forziere ancora più sicuro di quello elvetico.
Gli stessi panamensi però ammettono che il sistema bancario locale potrebbe andare in tilt, motivo per cui a loro volta, starebbero trasferendo la liquidità verso le isole Cayman dove il contante, di qualsiasi valuta, sarebbe maggiormente tutelato.
Da una nostra ricerca presso le suddette isole, sembrerebbe che alcune agenzie bancarie locali stiano a loro volta dislocando una parte del tesoro presso uffici decentrati delle Salomone, luoghi pressoché inaccessibili ai controlli fiscali di qualsiasi nazione.
Alle Salomone oramai pare ci siano più sportelli bancari che abitanti. Esponenti governativi del luogo ci avrebbero però confidato che, per timori non meglio specificati, tutto quel flusso di denaro era meglio renderlo meno vistoso deviandone il corso verso alcune piccole banchette delle isole Tuvalu dove solerti ragionieri terrebbero al sicuro ingentissime somme.
Ma pare che le Tuvalu non siano l’ultima destinazione dei capitali in fuga. Quasi certamente, dalle banchette delle Tuvalu, dollari ed euro approderebbero alle banchine (del porto) dell’isola di Cook dove la signora Galambelang Ushuwarizay sarebbe impegnata giorno e notte nello scavo di grosse buche ove interrare il denaro reduce da così tante transazioni.
Ricchi imprenditori, figli di governanti, miliardari d’ogni razza e nazionalità, noti attori e cantautori, Ibraimovich di turno, potranno finalmente dormire i loro sonni tranquilli sapendo i loro averi, sì lontani, ma al sicuro.
(NOVEMBRE 2012)
AMRICORD: questo articolo è stato scritto tra il 2012 e il 2014, quando l'ACC (Accademia dei Cinque Cereali) collaborava allegramente con LA TAMPA
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