Umorismo di sostegno
PUBBLICAZIONE UMORISTICA FONDATA DALL'ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI IL 2 GIUGNO 2016
ANNO IX d.F. - IDEATO, SCRITTO, IMPAGINATO, POSTATO E LETTO DAGLI AUTORI E DA SEMPRE DEDICATO A FRANCO CANNAVÒ
Fondatore e macchinista: Paolo Marchiori.
Vicedirettori postali (addetti ai post): Stefania Marello, Christina Fasso, Italo Lovrecich, GioZ, il Pensologo Livio Cepollina.
In questa sezione sono riportati articoli scritti tra il 2012 e il 2014, quando l'ACC collaborava allegramente con LA TAMPA
FONDI NERI E CONTI IN ROSSO
Gent.mi tutti,
sono Gianni, impiegato presso una piccola falegnameria artigianale di Rivarolo e vorrei porvi un quesito.
Lo scorso luglio l'Agenzia delle Entrate ha fatto un controllo al mio datore di lavoro: con villetta di proprietà, appartamento a Loano e BMW serie 7, risultava dalle loro tabelle che il suo reddito deve essere di 68.000 Euro; avendone dichiarati 64.000 è stato sanzionato per la presunta evasione di 4.000 Euro.
Io sono impiegato con stipendio di 1.200 Euro al mese, con appartamento di proprietà, Ford Focus e tessera al Circolo del Tennis. Se dalle tabelle dell'Agenzia risultasse che per potermi permettere questi lussi dovrei avere uno stipendio ad esempio di 1.700 Euro, come posso fare per avere i 500 mensili extra che mi spetterebbero per rientrare nei parametri?
Colgo l’occasione per questa rivelazione, non vorrei sembrare una spia del fisco ma al mio vicino di casa, pensionato con una villa a 2 piani e campo da bocce, secondo me l'INPS paga una parte di pensione in nero...
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RISPOSTA:
Caro Gianni,
permettimi di rispondere al tuo quesito con un esempio tratto dalla fisica: se tu infili un imbuto nel collo di una bottiglia, potrai versarvi dentro del liquido e questo liquido andrà sempre giù, verso il basso, finendo dentro la bottiglia. Mai, dico, mai il liquido tornerà su, verso di te. Giusto?
Chiarito questo, metti che la bottiglia abbia un’etichetta che dice: Agenzia delle Entrate. Essa funziona esattamente allo stesso modo, solo che in questo caso, la parola liquido non devi intenderla nel suo primo significato (in senso fisico: materia allo stato liquido), ma nell’altro (in senso figurato: denaro contante).
Qualunque sia il tuo QI, carissimo Gianni, avrai capito da questo esempio che l’imbuto funziona sempre in un verso – e lo ribadisco: dall’imbuto alla bottiglia e mai viceversa – per entrambi i tipi di liquido.
Ti do perciò un consiglio: anche se pensi di avere diritto ad un qualsivoglia rimborso, STAI LONTANO DAL BORDO DI QUELL’IMBUTO!
Sul discorso INPS ci siamo informati e abbiamo saputo, da fonti accreditate, che ben presto l'ente pagherà TUTTE le pensioni in nero, ma non nel nero che pensi tu, ma in nero-fumo. anzi, più fumo che nero.
Le tue domande denotano comunque un grande senso dell’umorismo e questo, unito al fatto che tu sei un impiegato con 1200 euro al mese (una specie in via di estinzione, che sta pagando, con le trattenute dallo stipendio, i servizi pubblici ancora funzionanti) merita tutta la nostra stima e riconoscenza.
Con i migliori saluti e auguri dall’Accademia dei Cinque Cereali.
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M&M – Marchiori & Marello (SETTEMBRE 2012)
AMRICORD: questo articolo è stato scritto tra il 2012 e il 2014, quando l'ACC (Accademia dei Cinque Cereali) collaborava allegramente con LA TAMPA
NON CORRERE... MANGIA!
PER LA SERIE: NON PERDIAMO L’ABITUDINE ALLA LETTURA - IL RACCONTO DEL MESE
Cresciuta (per la verità, non molto) sotto l’ombrello delle attenzioni e delle ansie di sua madre, Margherita non era solo una bambina di salute cagionevole, era una demo vivente dell’enciclopedia medica, a partire dalla A di Acetone, Adenoidi, Allergia, passando attraverso Bronchite, Faringite e Raffreddore, fino alla T di Tonsillite.
Più malata del solito a Natale e Pasqua, eterna assente alle cerimonie di famiglia, era invece una presenza costante nell’agenda delle visite del medico.
Sua madre viveva in perenne stato d’ansia che si ammalasse e, tra le sue innumerevoli raccomandazioni (copriti le orecchie, asciugati bene i capelli, non stare al sole, bevi piano che è fredda eccetera) due prevalevano di gran lunga su tutte.
La prima era: Non correre che sudi.
Ora, il corpo umano è fatto così: se si corre, si suda. Inevitabile. E sudare è una funzione fisiologica di tutto rispetto. I bambini poi, prima di diventare persone sedentarie e soprappeso come tutti, transitano attraverso una fase frenetica, per gli adulti incomprensibile. Non amano le passeggiate tranquille, le soste, i riposini del pomeriggio. Per loro la vita è tanto più divertente ed eccitante quanto più è veloce.
Eppure ogni volta che Margherita rientrava in casa sudata, sua madre veniva colta da crisi di panico.
Il rito di scongiuro di una temuta polmonite fulminante era sempre uguale: cambio abiti, asciugatura dei capelli, obbligo a stare ferma, seduta su una sedia a meditare sulla disobbedienza alla Regola Numero Uno. Una noia mortale per una bambina, tenendo conto del fatto che non avevano ancora la TV.
La Regola Numero Due, altrettanto chiara e ben motivata, non era un divieto, ma un obbligo: Mangia, che diventi grande.
Chi conosce Margherita potrebbe pensare che sia vero. Ma non lasciatevi ingannare dalle apparenze: Margherita è rimasta bassa, non perché mangiava poco, ma per ragioni genetiche. Se uno discende dall’albero genealogico della Banda Bassotti poco importa quanto mangerà. Al massimo, invece di essere piccolo e esile, sarà piccolo e rotondo.
Suo padre, uomo concreto e razionale, che si era fatto quattro anni di servizio mi- litare durante la guerra, offriva una versione più scientifica e ardita della raccomandazione Numero Due:
- Se mangi - tuonava con piglio da caporale - combatti le malattie.
Lei immaginava il cibo trasformarsi in sentinelle armate fino ai denti, schierate contro i microbi e i germi cattivi, che cercavano di entrare nel suo corpo.
Ciò nonostante andava a sedersi a tavola con svogliata lentezza, e non perché fosse proibito correre dalla Regola numero Uno, ma per il presentimento di ciò che l’ attendeva disobbedendo alla Numero Due. Perché il suo era un caso disperato di inappetenza grave e persistente.
Quando i commensali si auguravano buon appetito, Margherita si chiedeva tra sé di che cosa stessero parlando. Appetito? Per dirla come Don Abbondio: chi era costui?
Se davvero esistono nel sistema nervoso cellule preposte a trasmettere la sensazione di fame, le sue dovevano essere poche, inefficienti e inclini allo sciopero come quelle di Pannella. Ma i grandi digiuni politici erano ancora lontani e nessuno aveva rispetto di questa sua vocazione.
L’odore proveniente dalla cucina non le piaceva quasi mai. I sapori erano anche peggio. Ancora oggi Margherita ricorda con orrore il piatto ornato di fiorellini rosa che facevano ghirlanda ad un’orrenda cotoletta grigiastra, tagliata da sua madre a piccoli pezzi.
E ricorda perfettamente come ad ogni boccone di carne, per non sentirne il sapore putrescente, inseriva in bocca un pezzo di pane e iniziava a masticare. Chissà per quale fenomeno fisico, chimico, osmotico nella sua bocca si separava sempre il pane dalla carne, l’uno scendeva disciplinatamente nello stomaco e l’altra continuava a vagare in bocca, assumendo ben presto la consistenza del polistirolo.
Sua madre invocava i santi del paradiso per vedere almeno una volta il piatto vuoto.
Suo padre si indignava dicendo: - Avresti bisogno di un po’ di naia!
Ignara di che cosa fosse la naia, Margherita immaginava una cella spoglia, in cui le veniva portato un tozzo di pane e un bicchier d’acqua una volta al giorno. Ma che punizione era? Pane e acqua e un solo pasto al giorno: una pacchia!
A quel punto, tra le lacrime di frustrazione per sentirsi causa del malumore della famiglia, diceva con rabbia che sarebbe andata anche subito a naia, se solo avesse saputo dov’era! A suo padre scappava allora un sorriso e suo fratello subito cantilenava:
‘Tu-non-puoi-fa-re-la-naia per-ché-tu-seiu-na-femmina’.
Oh come li odiava tutti quanti in quei momenti! Avrebbe voluto essere grande solo per poter buttare il cibo nel water e per picchiare suo fratello!
Ma tutto passa nella vita e, bene o male, oggi Margherita è adulta. Non è più sana né più malata di tanti altri, forse un filo più stordita, ma per cause, diciamo, naturali.
I suoi figli corrono (e sudano) a loro piacimento, tra le proteste degli inquilini del piano di sotto e il furioso abbaiare del cane. Mangiano se hanno fame, bevono se hanno sete. Ogni tanto si ammalano e guariscono come tutti gli altri bambini.
E anche lei corre, finalmente.
Mangia sempre poco, detesta ancora la carne, ma corre sempre. Corre per raggiungere l’auto parcheggiata lontano, per non perdere l’autobus, per arrivare in tempo alla riunione dei genitori. Corre al supermercato, spingendo un enorme carrello alto pochi centimetri meno di lei, giusto da permetterle di vedere dove sta andando.
Corre persino nei lunghi corridoi dell’azienda dove lavora. Le hanno riferito che qualche collega l’ha soprannominata Forrest Gump. E che il capo si lamenta perché, al suo passare, svolazzano i fogli sulla scrivania.
Pazienza – dice Margherita - Gli regalerò qualche sasso da utilizzare come ferma- carte.
Stefania Marello (SETTEMBRE 2012)
AMRICORD: questo articolo è stato scritto tra il 2012 e il 2014, quando l'ACC (Accademia dei Cinque Cereali) collaborava allegramente con LA TAMPA
CULTUS DE SAC
Gent.ma Accademia,
sono Giusto da San Giusto e la scorsa settimana mi sono recato alla Locanda del Giorgione a Vallo di Caluso, con Teodoro da San Teodoro, un amico giunto qui dalla isolata, isolare e assolata Sardegna. Nella locanda ho notato il cartello (del quale allego la foto) indicante la toilette con la curiosa scritta "CULTUS".
In un primo tempo credevo si trattasse di una scritta in antica lingua sarda, ma il mio amico Teodoro ha assicurato che non è così. Potete per favore dirmi il collegamento tra il cultus e la toilette? Al ritorno ho mancato una precedenza all'incrocio e un automobilista mi ha detto: "Vaffancultus", cosa significa?
Con i giusti saluti
Giusto da San Giusto
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RISPOSTA:
Caro Giusto, come sicuramente saprai Cultus è una parola latina, traducibile in italiano con Culto. Tutti noi usiamo questa parola per indicare venerazione per qualcosa (culto del cibo, culto del bello ecc.) oppure intendiamo l’insieme dei riti di una religione.
Ma tu ti chiedi, giustamente, perché in quella locanda la parola è stata associata alla toilette.
Ed è qui che intervengono i linguisti dell’Accademia.
Esistono due spiegazioni. La prima è anche la più semplice.
Cultus potrebbe essere la contrazione di cul tuus (tuus = tuo, in latino), dall’ovvio significato di parte del tuo corpo che, in un locale pubblico, scopri soltanto quando vai in bagno.
La seconda spiegazione è decisamente più ardita ed elaborata.
La parola cultus, associata alla toilette dei luoghi pubblici, potrebbe derivare, pensa un po’, da cul-de-sac, espressione tardo francese che significa strada senza uscita. Alcuni dialetti provenzali hanno storpiato la parola in cul-tu-sacc, da cui è derivata successivamente la forma contratta cul-tus.
Se ci pensi bene, i servizi dei locali pubblici sono situati quasi sempre in fondo ad un corridoio o nell’angolo estremo del locale o ancora in fondo ad un cortile. Prova a farci caso: quando entri non c’è uscita, se non da una stretta finestrella, troppo piccola per far passare chiunque.
Una volta espletate le tue funzioni, se vuoi uscire devi riaprire la porta da cui sei entrato, ma di solito c’è poco spazio: ti tiri la porta in faccia e devi fare acrobazie, tra il water o la turca, la porta e il muro. Un vero incubo, un vero cul-de-sac, che ti fa dire, a volte, vaffancul-de-sac.
Un’altra imbarazzante situazione è quando la serratura, che hai voluto chiudere a doppia mandata per motivi di privacy, si blocca e tu cominci a innervosirti, a picchiare contro la porta, gridando: “Aiuto!” e poi “Vaffancul-de-sac!” a cui aggiungi magari “Sac-de-m..d.!” e avanti così, per dare più enfasi, finché qualcuno non ti sente, chiama il gestore, che ti spiega come girare la chiave.
Alla fine esci, ma ci fai sempre una figure-de-emme, per dirla con un’altra curiosa espressione tardo-provenzale.
Potrebbero esserci altri significati, ma qui lasciamo alla fantasia dei lettori e alle loro esperienze di viaggio, poiché, come dice il motto latino, “Quo vadis, cultus qui trovis”, cioè dovunque tu vada trovi cultura.
Stephanie Hop-là – Paul Rice e gli esperti dell’ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI (OTTOBRE 2012)
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AMRICORD: questo articolo è stato scritto tra il 2012 e il 2014, quando l'ACC (Accademia dei Cinque Cereali) collaborava allegramente con LA TAMPA
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