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Umorismo di sostegno

PUBBLICAZIONE UMORISTICA FONDATA DALL'ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI IL 2 GIUGNO 2016

ANNO IX d.F. - IDEATO, SCRITTO, IMPAGINATO, POSTATO E LETTO DAGLI AUTORI E DA SEMPRE DEDICATO A FRANCO CANNAVÒ

Fondatore e macchinista: Paolo Marchiori.
Vicedirettori postali (addetti ai post): Stefania Marello, Christina Fasso, Italo Lovrecich, GioZ, il Pensologo Livio Cepollina.

L'APP arecchio


Se vi capita di osservare su un libro di storia i teschi dell'uomo di Neanderthal o di Cro-Magnon (specie di ominidi vissuti prima della comparsa dell'Homo Sapiens) notate come la loro mandibola fosse molto più prominente di quella dell'uomo moderno. Dico l'uomo e non la donna, perché le donne già nella preistoria avevano il vezzo di parlare in continuazione, e i teschi femminili con la bocca aperta non erano integri e adatti allo studio. Comunque anche loro, con ogni probabilità, dovevano avere una mandibola robusta, e già allora sfoggiavano sorrisi smaglianti per sedurre quei bioccoloni dei loro compagni.


Lo sviluppo delle ossa mandibolari dipendeva dall'alimentazione: le popolazioni primitive, pur di riempirsi la pancia, mangiavano di tutto (da qui la denominazione MAGNON): radici, corteccia degli alberi, ossa di mammut dure come sassi.


Nel corso dei millenni l'alimentazione umana è cambiata. I bambini, in particolare nell'ultimo secolo, nascono con bocche più piccole di un tempo. Ma il numero dei denti è sempre quello, perciò, caduti i dentini da latte, quelli permanenti non trovano spazio: crescono storti, accavallati, o addirittura in doppia fila, come quelli degli squali.


Per correggere questi difetti qualcuno inventò l'ortodonzia, che non c'entra nulla con l'orto della zia, ma è la scienza che si occupa di riallineare i denti.


Negli anni cinquanta, con il boom economico, questi dispositivi si diffusero. Il benessere aveva cambiato radicalmente l'alimentazione: i bambini potevano scegliere cibi morbidi e succhi di frutta, invece di rosicchiare ossa di pollo, croste di pane nero e sgranocchiare carote, o mele con la buccia e il torsolo. Inoltre c'era una maggior ricchezza e più famiglie potevano permettersi le cure del dentista. I primi apparecchi (che alcuni chiamavano famigliarmente 'macchinette') erano fatti di metallo e resina, e i bambini che li portavano evitavano di sorridere, sia per non spaventare gli altri, sia per non ritrovarsi in bocca i magnetini che stazionavano sul frigorifero.


Anche la mia amica Abeffarda, che è nonna e naviga ormai verso la settantina, ha portato da bambina uno di questi apparecchi. La sua mamma la portava ogni settimana dal dentista, un certo dottor Amoroso, che di amoroso non aveva un bel niente, anzi: ruotava certe viti dell'apparecchio e, senza tanti complimenti, glielo rimetteva in bocca, incurante dei suoi lamenti. Sì, lamenti, perché la modifica rendeva l'apparecchio nuovamente fastidioso per qualche giorno. Poi il fastidio passava, ma intanto la settimana era trascorsa e tutto ricominciava da capo. E lo doveva portare di notte e di giorno: dice che quando a scuola era interrogata, prima di alzarsi dal banco sputava l'apparecchio in un fazzoletto e se lo ficcava in tasca. Igiene garantita, altro che guanti sterili e igienizzanti per mani. Insomma fu un triste periodo: lei era di cattivo umore per il fastidio alla bocca, i suoi genitori erano depressi per la spesa sostenuta, solo la maestra era contenta, perché i bambini con l'apparecchio, si sa, sono più silenziosi e non disturbano la lezione. Una volta aveva fatto cambio con l'apparecchio di una compagna, così, per vedere com'era: niente, faceva male anche quello. Ma mai come il ceffone che le diede sua mamma quando, al ritorno da scuola, scoprì l'ignobile scambio.


Oggi tocca al suo nipotino, ma è tutta un'altra storia. Gli apparecchi attuali si mettono durante la notte e sono in morbido silicone: sembrano grosse vongole scivolose.


Così, nelle sere in cui il nipotino dorme a casa sua, prima di spegnere la luce c'è il rito degli apparecchi: lui toglie la vongola dall'astuccio e se la infila in bocca, lei si toglie gli apparecchi acustici dalle orecchie e li ripone nell'astuccio, attenta a non sbagliare astuccio, che Dio solo sa che cosa potrebbe succedere.


Se il bambino non si addormenta subito, ma vuole ancora parlare è una vera tragedia: lui, con la vongola in bocca, riesce solo a farfugliare, lei, senza l'ausilio acustico, sente poco e non capisce un accidente. Così lui alza il volume, fino a gridare parole incomprensibili in una lingua misteriosa tipo alfabeto farfallino, e lei continua a urlare "Eh?... Cosa?" al limite della disperazione.


Nemmeno la vicina, al di là del muro, riesce ad addormentarsi.



Stefania Marello - ACC


Ricostruzione plastica dell'uomo di Cro-Magnon,

con il suo intrigante mascellone.

Riproduzione di una pelosa donna Cro-Magnon,

in tempi in cui i saloni estetici erano ancora chiusi,

ma non per il DPCM pandemia.



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