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Umorismo di sostegno

PUBBLICAZIONE UMORISTICA FONDATA DALL'ACCADEMIA DEI CINQUE CEREALI IL 2 GIUGNO 2016

ANNO IX d.F. - IDEATO, SCRITTO, IMPAGINATO, POSTATO E LETTO DAGLI AUTORI E DA SEMPRE DEDICATO A FRANCO CANNAVÒ

Fondatore e macchinista: Paolo Marchiori.
Vicedirettori postali (addetti ai post): Stefania Marello, Christina Fasso, Italo Lovrecich, GioZ, il Pensologo Livio Cepollina.

NATI COL DOLCEVITA



Da accreditate statistiche apprendiamo che la durata media della vita è ancora aumentata. Gli italiani non saranno longevi come i giapponesi, ma si difendono bene. Il problema è che non tutti invecchiamo allo stesso modo, mantenendo la salute e l’autonomia: per moltissimi anziani più che di lunga vita si dovrebbe parlare di faticosa sopravvivenza, tra acciacchi, invalidità, ospedalizzazioni e cure.


Abbiamo però rari casi di invecchiamento eccellente, e i media sono sempre pronti a parlarne, con dovizia di particolari e ottimismo esagerato. Uno di questi è un illustre ricercatore, noto a tutti per apparire in TV indossando sempre un dolcevita bianco sotto la giacca. Qualche malalingua afferma trattarsi del primo uomo ad essere nato, anziché con la camicia, con il dolcevita. Questo distinto signore si vanta di aver superato il novantaseiesimo compleanno in ottima forma. E non occorre che lo dica, basta guardarlo: invidiabile l’aspetto fisico, l’eloquio fluido e corretto, e quella “verve” disinvolta e colta, che la maggior parte di noi non aveva nemmeno a vent’anni.


Come sempre accade in questi casi, l’intervistatore si spertica in lodi e ammirazione, elenca i suoi successi, i suoi traguardi professionali, le sue numerose onorificenze, e infine pone la fastidiosa domanda: qual è il segreto di una longevità così attiva? Ormai lo sappiamo anche noi, i “segreti” di questi fenomeni di chiara fama sono sempre gli stessi: carestia nutrizionale, attività fisica regolare e intensa vita sociale. Non fumano, non bevono, quasi non mangiano, e lavorano ancora! Che avranno da rallegrarsi non si sa.


Anche l’arzillo professore col dolcevita afferma di mangiare pochissimo, di camminare ogni giorno per cinque (ha detto proprio cinque) chilometri, eppure trova ancora il tempo per recarsi al lavoro, partecipare ai convegni, e persino scrivere libri. Non usa ausili ortopedici, non ha bisogno di assistenza. Del resto, quale badante sarebbe disposta a scarpinargli accanto per cinque chilometri ogni giorno? Nonostante sia fondatore e presidente di un noto istituto di ricerche farmacologiche, il nostro super nonno non assume farmaci: non ne ha bisogno, beato lui. Se fossimo tutti così le ricerche sui farmaci sarebbero in crisi. Invece, sono diventate indispensabili grazie al gran numero di anziani che non sono nati né con la camicia né col dolcevita, ma affrontano i normali problemi dell’invecchiamento.


Non per polemizzare a tutti i costi, ma secondo me questo tipo di interviste è crudele nei confronti di milioni di vecchiette e vecchietti, meno fortunati o semplicemente normali. Basta guardarsi intorno, anche nelle nostre stesse famiglie e fra gli amici: la stragrande maggioranza degli over 90 cammina con difficoltà, subisce cadute e conseguenti fratture ossee, combatte ogni giorno con dolori articolari, malattie croniche o, peggio, demenza senile. E assume farmaci, tanti, ammalandosi ulteriormente di effetti collaterali.


Quanto ai rapporti sociali così raccomandati i novantenni del mondo reale sono fortunati se riescono a scambiare due parole con la vicina di casa o con il finto carabiniere che sta cercando di truffarli. Se ancora abitano a casa loro e non in qualche squallida RSA, escono solo per fare la spesa, oppure si trascinano col deambulatore fino alla bocciofila; guardano qualche demenziale programma televisivo, con i sottotitoli, perché gli apparecchi acustici costano cari per chi deve contare soltanto sulla pensione. Se hanno figli e nipoti che vanno a trovarli non sanno che cosa dire a causa del divario enorme di età, linguaggio, culture e opinioni: si limitano a guardarli smanettare tutto il tempo con lo smartphone.


Evidenziare certe situazioni privilegiate, dovute a combinazioni genetiche e sociali particolarmente favorevoli, è scorretto: un po’ come se i grandi ricchi del pianeta si vantassero in TV dei loro successi e del loro patrimonio, e si arrogassero il diritto di elargire consigli ai poveracci.


Cosa? Ah… lo fanno veramente?


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